Che cosa pensano tutti i giornalisti quando, durante una conferenza stampa, arriva il loro momento? Te lo sveliamo in questo articolo
Una conferenza stampa è un po’ come una lezione a scuola: se invece di stare seduti (più o meno) ordinatamente fossimo al tavolo dei relatori, potremmo notare chi gioca con lo smartphone, chi fa scarabocchi sulla cartella stampa e tanti altri atteggiamenti strani da parte nostra e dei nostri colleghi.
E poi, naturalmente, c’è anche chi è attentissimo e composto. Meno male.
Ogni conferenza stampa è diversa dall’altra, ovviamente. Ma ci sono alcuni comportamenti che si ripetono con cadenza regolare ad ogni incontro con la stampa e possiamo osservarli (e scherzarci un po’ su…) nel momento fatidico delle domande.
Già, perché quando i relatori hanno finito i loro interventi, c’è sempre il momento del classico: “Ci sono domande?”. E diciamolo, ci sono conferenze dove le notizie sono “grosse e succulente” e partono tutti in quarta ed altre in cui bisogna superare un momento di silenzio e imbarazzo iniziale.
Passato quello, però, qualche domanda parte sempre.
E c’è una cosa che ogni giornalista pensa nel momento delle domande: posso chiedere qualcosa di più intelligente dei miei colleghi?
Beh, per riuscire a chiedere qualcosa di più intelligente non devi attendere troppo, perché forse qualcuno ha già in testa la stessa domanda…
Analizziamo allora per un attimo le “categorie” di giornalisti che di solito affollano i banchi (o le sedie) delle conferenze stampa.
- L’ordinato: è quello che alza la mano o chiede il microfono e pone una domanda alla quale in parte è già stato risposto nel corso della conferenza ma che, in fondo, è il succo della notizia.
- Il polemico: ha passato il tempo ad escogitare una domanda provocatoria diretta ad uno dei relatori e la farà, cascasse il mondo.
- Il narcisita: fa una domanda che è in realtà una considerazione perché vuole sentirsela confortare da tutti i presenti.
- L’incastrato: vorrebbe fare una domanda un po’ articolata e così, dopo averla posta, si dilunga in una spiegazione nel tentativo di chiarirla da ogni possibile fraintendimento col risultato di una “supercazzola” di tognazziana memoria…
- Il parassita: sta zitto, in fondo alla sala e lascia fare tutto il lavoro agli altri: tanto fra cartella stampa, domande dei colleghi e interventi dei relatori non è poi così difficile portare a casa 2000 o 3000 battute, no?
E allora, tutti pensano spesso solo alla propria domanda e a fare una figura migliore rispetto ai colleghi. Ma il segreto (inconfessabile) di ogni conferenza stampa me lo svelò un collega più anziano prima di una conferenza stampa anni fa.
Ricordo perfettamente che, mentre parlavamo della notizia che si sarebbe discussa nel corso della conferenza, io mi lasciai andare e gli dissi: “Sarebbe interessante poi capire l’applicazione di questa cosa, credo che glielo chiederò…”.
E lui mi rispose: “Perché fai domande nelle conferenze stampa?”
“Beh, se ho qualcosa da chiedere in più…” replicai io un po’ seccato.
“Perché vuoi regalare a tutti gli altri giornalisti un’idea, uno spunto o una chiave di lettura che è originale e solo tua quando puoi chiederla ad una dei relatori a margine della conferenza privatamente?”.
In effetti, non ci avevo mai pensato: nel tentativo di essere ordinato ma non banale e di non farmi anticipare o rimanere incastrato nella mia stessa domande, non ci avevo proprio mai pensato.
Che sia questo il segreto di alcuni dei “parassiti” che restano zitti e immobili per tutta la conferenza stampa? L’unico modo per scoprirlo è leggere gli articoli dei colleghi il giorno dopo.
Come diceva Indro Montanelli: “Non ho potuto sempre dire tutto quello che volevo, ma non ho mai scritto quello che non pensavo”.